1986
La Consulta Comunale nasce nel gennaio 1986, il primo articolo apparso sul giornale Filo Diretto scritto da Luigi Menna dove spiega chiaramente gli intenti :
“In un articolo apparso qualche settimana fa sul settimanale l’Espresso, Antonio Gambino cerca di trovare delle spiegazioni al problema della violenza che caratterizza i rapporti nel mondo d’oggi: dai rapporti politici ad alto livello, a quelli del microcosmo quotidiano; quelli, per intenderci, che tutti abbiamo sott’occhio ogni giorno: il problema della tossicodipendenza, per esempio, o della crisi della famiglia, della scuola, delle comunicazioni interpersonali ecc.
Tra tutte le piste interpretative che Antonio Gambino tenta di tracciare per interpretare questo fenomeno, soprattutto una risulta essere di estremo interesse per tutti noi. Egli sostiene che uno dei motivi che stanno alla base dell’esplosione di violenza nel mondo contemporaneo è dovuto alla crisi di partecipazione , sempre più evidente, che allontana la gente dalla vita pubblica.
Per crisi di partecipazione si intende quel fenomeno che vede, da un lato, le persone con i loro problemi sempre più pressanti e dall’altro lato, le istituzioni pubbliche sempre più lontane dall’esperienza quotidiana della gente, in una separazione quasi totale come due vasi non comunicanti.
Qualcuno ha voluto chiamare il mondo della gente, “mondo vitale” e la vita, lo sappiamo tutti, è in continua trasformazione e movimento in una dinamica che, per i credenti, è in piena sintonia col progetto creativo di Dio.
Distinguendo tra “mondi vitali” (la gente) e istituzioni si vuole sottolineare, invece, il carattere non vitale delle istituzioni stesse che sembra arrivino in ritardo e, magari con il piede sbagliato nel rispondere ai bisogni delle persone, quando rispondono. Il più delle volte non rispondono affatto ed ecco la crisi di partecipazione.
In sostanza, in una simile situazione, la gente si arrangia per proprio conto, se può. Se non può, sopporta male l’incongruenza delle risposte istituzionali in relazione ai propri bisogni, ed è violenza che si scatena contro tutti non risparmiando nemmeno se stessi.
Questa lunga premessa analizza, in modo forse pessimistico ma credo abbastanza vicino alla realtà (soprattutto quella delle grandi metropoli) una situazione generale.
Sono valutazioni che calate in loco possono anche non trovare un riscontro così tragico.
Appiano è tutt’altro che una grande metropoli, è un paese, importante fin che si vuole ma, fortunatamente per chi ci abita, di dimensioni contenute.
Il mondo di cui facciamo parte e che, direttamente o indirettamente, anche noi contribuiamo a rendere quello che è, attraverso i canali che tutti conosciamo, (mezzi di comunicazione di massa, ecc.) non ci permette di essere ignorato.
Ecco perché è importante agire e partecipare attivamente alla vita comune. La partecipazione è una forma di difesa contro l’anonimato e la perdita di identità.
La partecipazione costante e costruttiva dona una carica di vitalità e di senso delle istituzioni e rende più credibile l’immagine che di esse abbiamo.
La partecipazione è, infine, conoscenza e la conoscenza elimina il pregiudizio e i malintesi, in pratica, contribuisce di molto a ridurre quella che viene chiamata la tensione sociale.
Uno dei compiti fondamentali che la Consulta Comunale s’è data e che sintetizza un po’ tutte le sue funzioni, è quello di favorire e alimentare il livello di partecipazione alla vita pubblica della comunità di madre lingua italiana di Appiano.
Attuare questo intento non è cosa facile. Soprattutto difficile, ma premessa indispensabile è superare il pregiudizio di parte; vale a dire, tutte quelle valutazioni che avrebbero la pretesa di riconoscere nel comportamento della Consulta, una particolare colorazione politica, anziché un’altra.
Questo pregiudizio può avere conseguenze molto concrete e temibili di quelle che non possono sembrare a prima vista.
Tuttavia, è bene chiarirlo una volta per tutte, la Consulta, che comunque ha una sua linea politica, (in quanto agendo in ambito pubblico non può non averla) ha l’ambizione, molto ferma, di collocarla oltre la contesa politica dei partiti, la quale trova legittimazione negli ambiti che le sono propri, ma non in questo.
La Consulta intende attuare le sue linee di intervento tastando sempre il polso alla gente senza distingue né per il colore politico, né per qualsiasi altra possibile discriminazione.
La Consulta, inoltre, non vuole diventare un’altra istituzione, ma un organismo agile che si pone al servizio dei cittadini e da questi tra lo spunto per impostare il suo agire.
Certo, a questo punto, la partecipazione di tutti, ma proprio di tutti, diventa indispensabile per impostare ed attuare qualsiasi progetto. E questa partecipazione noi, membri dell’attuale Comitato Direttivo, la chiediamo prima di ogni altra cosa.
Le persone di questa comunità debbono imparare a considerare la Consulta come un loro strumento partecipativo e dettare linee di intervento che siano l’esatta espressione di ciò che li anima.
Il mezzo di comunicazione della Consulta Comunale fu un “notiziario di informazione chiamato “Filo Diretto” distribuito gratuitamente alla popolazione italiana.
L‘editore del “Filo Diretto” era la Consulta Comunale, che finanziava il bollettino d‘informazione con il sostegno del Comune e mediante inserzioni pubblicitarie.
Su „Filo Diretto“ venivano pubblicati le comunicazioni delle associazioni, dei partiti politici e della parrocchia, le relazioni sull‘attività amministrativa del Comune, gli annunci di manifestazioni, le lettere al direttore e simili. Filo Diretto contava dalle 12 alle 18 pagine per edizione. I vari responsabili e collaboratori nel corso degli anni, furono Arcangelo Blasiol, Bruno Arervo, Ivana Baraldo, Giancarlo Felin, Francesco Pinto, Luigia Valin, Lorenza Bertol, Luigi Menna, Flavia Lorenzini, Ezio Baraldo, Pierino Accorrà ed Ernesto Pisani oltre a diversi collaboratori e collaboratrici occasionali.
Le attività della Consulta Comunale oltre alla redazione di Filo Diretto erano anche quelle di organizzare conferenze e concorsi per i giovani.